LABOR

Il tuo lavoro è anche il mio

Bore out, l’opposto del burnout.

Ma con gli stessi rischi.

Come ogni mese, è sempre un piacere tornare a scrivervi qui su Labor, il Blog sulla Consulenza del Lavoro. Mi auguro che in questo ultimo periodo nessuno di voi sia stato intaccato dalla sindrome del bore out che pare sia diventata molto comune.
Se non sapete di cosa si tratta, allora vi invito a continuare la lettura, perché in questo articolo parleremo proprio del significato di bore out, come riconoscere questo fenomeno e magari come provare a evitarlo.

Cos’è la sindrome del bore out?

Iniziamo descrivendo subito cosa significa questa espressione e da dove deriva.
“To bore”, in inglese, significa “annoiarsi”; bore out, quindi, declinato nel mondo del lavoro, può essere definito come quella sensazione di insoddisfazione lavorativa dovuta alla mancanza di stimoli o di opportunità di crescita.
Questo neologismo ha già una certa età ed è comparso per la prima volta nel lontano 2007 in un saggio sull’argomento, dal titolo Diagnose Boreout, scritto da due consulenti aziendali svizzeri. Secondo gli autori, questa sensazione deriverebbe da tre elementi principali:

  1. la noia;
  2. la mancanza di sfide;
  3. la mancanza di interesse.

Detta così, forse vi ricorda qualcuno, vero? Questo fenomeno è esattamente l’opposto del burnout. 

Un fenomeno da non sottovalutare.

Burnout e bore out sono dunque due problemi agli antipodi: da una parte troppo impegno, dall’altra troppo poco. La cosa interessante è che anche la mancanza di stimoli, il mancato coinvolgimento, le attività meccaniche e ripetitive possono causare un forte disagio, provocando sentimenti come frustrazione, crollo dell’autostima e in alcuni casi anche episodi più gravi. Infatti, un’indagine condotta presso l’University College di Londra, su un campione di 7.000 dipendenti pubblici, ha evidenziato un aumento del rischio di malattie cardiache o ictus nei lavoratori che riportano livelli elevati di noia. Secondo i ricercatori britannici, quindi, sembra esserci un fondamento scientifico nel detto annoiarsi a morte, dal momento che le persone inclini alla noia sono più propense ad adottare abitudini dannose (come bere o fumare) che possono così ridurre l’aspettativa di vita.
Al di là di questi rischi particolarmente gravi, il fenomeno, seppur molto diffuso, non viene a galla facilmente. Ma qual è la ragione? Proviamo a capirlo insieme.

Se essere sopraffatti dallo stress lavorativo (come nel caso del burnout) è considerato socialmente accettabile, e in alcuni casi addirittura anche motivo di vanto, d’altra parte confessare di sentirsi sottostimati suscita un senso di vergogna, alimentato dalla paura di essere etichettati come pigri, privi di motivazione o inutili.

Come si riconosce il bore out?

Se siete arrivati a leggere fin qui, immagino che a questo punto vi starete chiedendo: quali sono i segnali che ci permettono di riconoscere il bore out?
Il primo è la mancanza di concentrazione, seguono l’apatia durante le ore di lavoro e la difficoltà a portare a termine incarichi e progetti. Un altro segnale è la sensazione perenne di non sentirsi gratificati e il desiderio continuo che la giornata finisca al più presto possibile, ma una volta a casa, anziché essere finalmente sereni, ci si sente nervosi, stressati e incompresi.
In questo quadro, poi, è certamente presente la consapevolezza di non essere contenti del proprio lavoro, ma d’altra parte manca del tutto la spinta a cercare di migliorare la situazione. Cosa fare quindi? Per prima cosa, occorre analizzare le possibili cause ed è quello che faremo ora, per poi andare a individuare delle possibili soluzioni.

Perché, a un certo punto, la noia prende il sopravvento?

Il bore out può essere generato da diversi fattori, come per esempio un impiego di qualifica inferiore rispetto alle proprie capacità e competenze, un lavoro che non ci interessa, ripetitivo, oppure una carenza motivazionale o la sofferenza per mancate opportunità di carriera. Un’altra causa può essere, ancora, la mancanza di riconoscimento delle proprie capacità da parte di superiori o colleghi, così come l’assenza di una giusta gratificazione economica.
Tutti questi fattori generano un distacco graduale, sia emotivo che pratico, dalle proprie attività lavorative. E questo distacco alimenta un circolo che genera a sua volta la crescita di disagio e insoddisfazione.

Chi rischia di più?

Sicuramente, maggiori sono le possibilità di svolgere un’attività opportunamente remunerata e corrispondente ai propri interessi, minori sono le minacce del bore out. Ecco perché il problema può colpire soprattutto le persone iper qualificate, come anche chi lavora con la creatività, che spesso può arrivare a sentirsi ingabbiato in attività che magari non lasciano spazio all’iniziativa personale.

Si può prevenire e gestire il bore out?

Il primo consiglio che mi sento di dare alle aziende è di fornire sempre aspettative realistiche, sia sulla descrizione delle mansioni, del trattamento economico e contrattuale, sia sulle possibilità di crescita. Inoltre, potrebbe essere utile organizzare degli incontri periodici per condividere sensazioni e proporre soluzioni ai problemi rilevati. Un’ultima cosa da non sottovalutare è anche la ripartizione del carico di lavoro e la definizione di obiettivi chiari e definiti che siano in linea con la persona a cui vengono assegnati. La soluzione migliore resta comunque sempre quella di rivolgersi a uno specialista in materia di psicologia del lavoro e delle organizzazioni.

Volendo guardare il problema dal punto di vista delle persone che lavorano, invece, se si sospetta di soffrire di bore out, il mio consiglio è di parlarne con un responsabile dell’azienda: esprimere il proprio disagio, infatti, può essere utile a entrambi perché, come vi ho ripetuto diverse volte, avere dei dipendenti insoddisfatti non giova a nessuno, tantomeno alla produttività. Allo stesso tempo, però, penso sia estremamente utile provare anche a individuare gli aspetti positivi del proprio lavoro e concentrarsi su quelli, come per esempio la vicinanza a casa o la possibilità di lavorare da remoto. Non dico che ci si debba accontentare a tutti i costi, questo no, ma sono convinta sia molto utile sviluppare una certa elasticità e una buona capacità di adattamento.
Infine, vorrei ricordarvi che nessuno è il proprio lavoro e non esiste solo quello nella vita. Occorre cercare appagamento e realizzazione anche fuori dal luogo di lavoro, nella famiglia, negli amici, nello sport o ancora nelle proprie passioni.

Adesso che avete un quadro completo, utile a riconoscere il bore out, vi chiedo: a voi è mai capitato di sentirvi distaccati dal vostro lavoro o di non riuscire a utilizzare tutte le vostre capacità e competenze? Quale sarebbe, secondo voi, un’azione efficace e concreta per superare una fase come questa? Sono pronta a leggere e a rispondere ai vostri commenti.

Stefania

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