LABOR

Il tuo lavoro è anche il mio

Qualità o quantità?

Questo non è il problema.

Un approccio neutrale a una scelta da ponderare.

Care lettrici e cari lettori, nuovi e affezionati, bentornati su Labor, il blog sulla Consulenza del Lavoro. Come ogni mese, anche questa volta vi voglio proporre una riflessione sul mondo delle imprese e delle risorse umane. Già da qualche tempo mi sono trovata a riflettere su un tema che, pur non essendo particolarmente nuovo, dal mio punto di vista è un argomento sempre attuale per le imprese, soprattutto per chi gestisce team operativi, che si tratti di produzione di beni o di servizi. Sono sicura che molti di voi, come me, almeno una volta hanno cercato risposta a questa domanda: “è meglio produrre di più, standardizzando la qualità a un livello medio, oppure produrre meno ma tenendo più alta possibile l’asticella della qualità?”. Premesso che qualità e quantità non si escludono mai completamente tra loro, il primo pensiero che voglio condividere è che non credo esista una risposta assoluta a questa domanda. Se avete imparato a conoscermi un po’, penso immaginerete che alla fine di questo articolo, anche se non avrete una risposta definitiva, sarete comunque in grado di fare una valutazione completa che si possa adattare alla vostra situazione. 

Partiamo dai concetti base: cosa significano per un’azienda qualità e quantità

Per poter fare una valutazione adeguata sul tema, credo occorra innanzitutto comprendere il significato di questi due termini, in relazione al contesto aziendale. Provo a spiegarvelo in maniera semplice. Ogni qual volta ci troviamo a parlare di qualità in genere ci riferiamo all’efficienza produttiva; quando invece parliamo di quantità facciamo riferimento direttamente all’aspetto numerico della produttività. Di conseguenza, seguendo questa logica, quando misuriamo la produttività andiamo ad analizzare la quantità di lavoro svolto, ma per capire se il lavoro che è stato prodotto sia di qualità, allora dobbiamo misurare l’efficienza. Questi due concetti, poi, ricadono inevitabilmente sul personale dell’azienda, quindi su coloro che si occupano direttamente di produrre quantità e qualità di beni o servizi. Per questo, le nostre scelte aziendali andranno necessariamente a condizionare i metodi e gli approcci delle persone che lavorano con noi.

In un mondo che corre, qual è la velocità da mantenere?

Come vi ho anticipato all’inizio dell’articolo, questo tema non è sicuramente una novità, ma penso sia interessante ricontestualizzarlo nella frenesia lavorativa che sta caratterizzando il mondo moderno. Non so se anche voi ve ne siate accorti, ma negli ultimi anni le richieste del mercato sono aumentate in maniera esponenziale, costringendo gli imprenditori e le imprenditrici a dover fronteggiare produzioni sempre più numerose e soprattutto sempre urgenti. Le priorità sembra non esistano più. Anzi, l’urgenza stessa è diventata la priorità. In questa ossessiva corsa contro il tempo, i rischi per le aziende possono essere vari. Il più immediato è che la quantità produttiva prevalga sulla qualità, con il rischio che i prodotti finali non soddisfino le esigenze dei consumatori ai quali sono destinati. L’altro rischio, quello più indiretto, invece, è di creare ansie e pressioni sempre maggiori sulle risorse umane. Giusto per fare un esempio, la richiesta di produrre ogni giorno di più, in maniera sempre più veloce, che si tratti di produzione intellettuale o meno, potrebbe incrementare l’intensità dello stress, in particolare in  persone che proprio sotto stress diminuiscono la loro produttività o ne peggiorano la qualità. Insomma, un potenziale circolo vizioso che continuerà ad alimentare il problema. Dunque, la prima considerazione che possiamo trarre da questa riflessione è che forse non bisognerebbe considerare la quantità produttiva come l’unico e solo parametro per il successo di un’azienda. Così come non può essere il solo parametro per valutare la capacità di una risorsa umana.

Ognuno ha i propri tempi.

Questa corsa contro il tempo ha inevitabilmente comportato una ridefinizione delle modalità attraverso cui si misurano le performance delle persone che lavorano, ma anche le performance delle imprese stesse perché, in un modo o nell’altro, tutte le aziende sono clienti e fornitori di qualcuno. Oggi, la regola sembra essere: prima si finisce un lavoro, più si produce e meglio è. Ma siamo davvero sicuri che sia più importante completare un compito nel minor tempo possibile invece che farlo meglio, in un tempo magari solo di poco maggiore? Rispondere una volta per tutte a questa domanda non è semplice (forse è impossibile), perché per farlo è necessario considerare tanti fattori. Ci sono aziende che decidono in maniera convinta di far prevalere la quantità e ottengono ottimi risultati; altre invece che con la stessa scelta vanno verso difficoltà e insuccessi. Se si sceglie di puntare solo ed esclusivamente sulla quantità, il rischio potrebbe essere anche quello di mettere in difficoltà, e magari perdere, risorse valide e talenti, a fronte proprio di un sacrificio della qualità del loro lavoro. Una circostanza poco appagante potrebbe portare queste persone alla ricerca di condizioni più soddisfacenti, magari non da un punto di vista retributivo, ma di soddisfazione personale. In funzione di queste ulteriori considerazioni, quindi, il secondo consiglio che mi sento di darvi è quello di valutare bene rischi e benefici non solo nel breve ma soprattutto nel lungo periodo.

Approccio industriale vs approccio sartoriale.

Non esiste risposta univoca al dilemma qualità o quantità, come detto, anche perché le variabili che determinano l’orientamento delle scelte produttive di un’azienda possono essere le più diverse. Vendere prodotti o vendere servizi, ad esempio, rappresenta una differenza sostanziale nell’approccio al mercato; i prodotti, infatti, in genere più spesso dei servizi, fanno tendere i processi aziendali verso una standardizzazione produttiva. Ma al di là di questa differenziazione, entrano in gioco numerose altre componenti, come il target a cui ci si rivolge, il mercato, il territorio in cui si opera, la tipologia di beni o servizi, il loro prezzo, il posizionamento di marketing dell’azienda e la sua visione strategica. Si può scegliere di proporre al proprio pubblico poche cose fatte in modo sartoriale, puntando tutto sulla qualità oppure, al contrario, si può decidere, di proporre prodotti o servizi in serie, cercando un’ottimale standardizzazione produttiva. Due visioni differenti, ma anche due visioni efficaci se gestite al meglio e opportunamente inserite nel proprio mercato.

Qualità e quantità: gli opposti si attraggono. 

Dopo aver considerato tutti questi fattori, penso di potervi dire con serenità che la risposta non risiede esclusivamente nell’uno o nell’altro estremo, ma piuttosto nell’equilibrio tra i due, equilibrio che può spostare il suo baricentro in base a tutti quegli elementi descritti nel paragrafo precedente. La quantità produttività, infatti, è di sicuro un elemento essenziale per rispondere alle richieste del mercato attuale, così com’è lo è la qualità. Il successo di un’azienda deve passare dalla soddisfazione delle aspettative dei clienti, senza mai trascurare l’attenzione verso l’impegno, anche emotivo, del management e dei dipendenti. Questo equilibrio, se ci pensate bene, consentirà di mantenere una reputazione solida, di soddisfare tutti gli attori della filiera imprenditoriale e di ragionare in termini di sostenibilità lavorativa a tutti i livelli. In un contesto del genere, sarà quindi fondamentale adottare strategie capaci di integrare quantità e qualità in modo armonioso e allo stesso tempo di rispondere alle sfide di un mondo in continuo cambiamento. 

Tema complesso e ricco di spunti di riflessione, vero? Mi piacerebbe conoscere e leggere le vostre considerazioni sul tema.

A presto.

Stefania

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