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Quanto costa un dipendente a un’azienda?

Capiamo insieme come si compone il costo del personale.

Nell’articolo di oggi di Labor voglio introdurre un argomento certamente molto caro a chiunque abbia un’attività. Un’azienda, infatti, grande o piccola che sia, deve fare i conti con una cosa: il costo per il personale dipendente. Gli imprenditori che sono nel mercato da tempo dovrebbero avere un’idea abbastanza chiara dell’entità media dell’investimento; chi invece sta avviando un’impresa, o non ha ancora avuto necessità di impegnarsi con un’assunzione, probabilmente ha tanti dubbi e alcune titubanze, date anche dalla convinzione, per nulla errata, che in Italia il costo del lavoro sia tendenzialmente elevato.

La domanda è quindi questa:

qual è il costo di un dipendente per un’azienda?

Non si può certo dare una risposta univoca. Le variabili sono tante, ma possiamo provare a fare un punto per aiutarvi a orientarvi meglio. Tra l’altro, permettetemi di aggiungere questo: conoscere il costo del lavoro può essere utile anche per i dipendenti stessi, soprattutto quando si lavora in una micro impresa, il clima aziendale diventa quasi familiare e spesso il datore di lavoro condivide i sacrifici con le persone con cui collabora.

Per cominciare, partiamo da una stima di massima: semplificando il più possibile, possiamo affermare che il costo di un dipendente per un’azienda sia pari a un po’ meno del doppio del netto in busta percepito. Cosa significa?

Facciamo un esempio concreto:

se un dipendente, alla luce del suo inquadramento contrattuale, ha diritto a uno stipendio lordo di 2.000 euro, l’azienda dovrà sostenere un costo di circa 2.600 euro; il lavoratore o la lavoratrice, invece, si metteranno nel portafoglio circa 1.400 euro.

Fatto questo esempio molto rapido e a scopo esclusivamente esemplificativo, cerchiamo di capire in modo più preciso come si compone quel gap che c’è tra i 1.400 e i 2.600 euro prima descritti. 

Nel dettaglio, rientrano nella voce costo del lavoro i seguenti elementi:

  • la retribuzione annua lorda, RAL;
  • le tasse e i contributi previdenziali;
  • il trattamento di fine rapporto, TFR;
  • la tredicesima e la quattordicesima mensilità;
  • i ratei di ferie e i permessi maturati.

A queste voci, volendo fare un calcolo completo, quindi che tenga conto anche dei costi quotidiani e variabili di un’azienda, occorre aggiungere: 

  • costi delle attrezzature di lavoro;
  • eventuali trasferte della risorsa.

Andiamo quindi ad analizzare più nel dettaglio gli elementi principali.

RAL – Retribuzione annua lorda.

Stiamo parlando della retribuzione lorda da erogare al dipendente nell’arco di un anno solare. Ma perché si dice “lorda”? Questa espressione ci specifica che la retribuzione include alcune somme che dovranno essere trattenute dal datore di lavoro, per poter arrivare a definire la cifra netta che verrà poi percepita dal dipendente. Alla luce di questo, quindi, cos’è ricompreso nella RAL oltre alla retribuzione? Semplice: le tasse e i contributi previdenziali. Le prime in misura variabile a seconda dello scaglione di reddito (a partire da un’aliquota minima del 23%, fino ad arrivare al 43% nei casi di retribuzioni particolarmente elevate). I contributi, invece, in misura tendenzialmente fissa, pari al 9/10% circa a carico del dipendente. È importante anche sottolineare come la RAL sia variabile e dipenda dai minimi salariali previsti dai contratti collettivi, dal livello di inquadramento del lavoratore, ma anche dagli accordi che vengono presi con la singola persona

Tasse e contributi previdenziali.

Questi sono in parte a carico dei dipendenti e in parte a carico del datore di lavoro. La parte a carico dell’azienda, non essendo inclusa nella RAL, non è visibile in busta paga, ma va sempre presa in considerazione per calcolare il reale costo del dipendente. Il datore di lavoro, assumendo il ruolo di sostituto d’imposta, quindi sostituendosi al lavoratore nel pagamento delle tasse, è obbligato a versare periodicamente delle quote allo Stato per quanto riguarda l’Irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche) e all’Inps per quanto riguarda i contributi previdenziali. Anche in questo caso, gli importi variano in base all’entità della RAL, al tipo di attività e alla qualifica del dipendente

Esempio: nel caso di una RAL di 20.000, l’azienda dovrà versare in un anno circa 6.200 euro di contributi previdenziali e assicurativi (20.000 x 31%).

TFR – Trattamento di fine rapporto. 

Il trattamento di fine rapporto è una porzione di retribuzione che il datore di lavoro è tenuto a mettere da parte ogni anno, per poi versarla al dipendente al termine del rapporto di lavoro. Per calcolare l’importo da accantonare per il TFR si deve procedere con un semplice calcolo: si divide la RAL per 13,5, per ogni anno di lavoro.

Esempio: sempre nel caso di una RAL di 20.000 e di un rapporto durato 5 anni, l’azienda dovrà versare un TFR di circa 7.400 euro (20.000 : 13,5 x 5).

Tredicesima e quattordicesima

Queste due mensilità aggiuntive possono essere considerate come due misure a sostegno del reddito dei lavoratori dipendenti. Coincidono con le festività natalizie ed estive, diventando così di conseguenza un sostegno ai consumi nei due periodi dell’anno fondamentali per l’economia. 

La tredicesima: è estesa a tutti i dipendenti; ha una busta paga dedicata e per questo è soggetta a tassazione; equivale a 1/12 della retribuzione annua, quindi a una mensilità.

La quattordicesima: è prevista solo da alcuni contratti; anch’essa è soggetta a tassazione; si calcola come la tredicesima, ma il periodo dell’anno che viene considerato, nella maggior parte dei contratti, va dal 1 luglio al 30 giugno.

Chi è arrivato a leggere fin qui, probabilmente si sarà posto una nuova domanda: visti tutti questi costi, è possibile risparmiare qualcosa? La risposta è sì! I modi sono tanti e diversi; alcuni sono descritti in quest’altro articolo di Labor che vi invito a leggere cliccando qui: agevolazioni contributive 2021.

Se preferite, possiamo sempre sentirci per una chiacchierata più approfondita.

Al prossimo articolo!

Stefania

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