LABOR

Il tuo lavoro è anche il mio

Welfare aziendale e caregiving.

Se ne parla ancora troppo poco.

In questo nuovo articolo di Labor voglio soffermarmi su un termine, e di conseguenza su una condizione, per molti entrata solo di recente nel linguaggio comune: caregiver. Tante persone lo avranno sentito per la prima volta in occasione dell’avvio della campagna vaccinale, perché in genere questa denominazione è stata associata a chi, per specifici motivi, ha avuto priorità nella vaccinazione a prescindere dall’età. Credo sia utile parlarne e comprendere al meglio come il sistema lavoro possa sostenere e agevolare il compito di queste persone

Cominciamo dal significato.

Con il termine caregiver si fa riferimento a tutte quelle persone che assistono in modo più o meno costante e continuativo un’altra persona con disabilità o affetta da malattia. Un carico emotivo, fisico, e spesso anche economico, che pesa in modo importante sulle spalle di chi si prende questa responsabilità.

Perché è importante parlarne?

Una persona può ritrovarsi improvvisamente in questa condizione oppure il suo ruolo può diventare sempre più impegnativo nel corso del tempo, e il suo impegno sempre più  invadente, a seconda del problema dell’assistito. È naturale che questa condizione intacchi sensibilmente la vita del caregiver, con ripercussioni più o meno gravi sulla salute, la vita personale ma anche sul lavoro. Il caregiver è sempre più spesso considerato come una persona con un “doppio lavoro full time”, proprio per la sua vita divisa tra professione e assistenza. Ed è proprio quest’ultimo punto che mi interessa approfondire.

Lavoro e caregiving: una convivenza complicata.

Il tempo impiegato da un caregiver per occuparsi dell’assistito porta molto spesso a una richiesta di riduzione dell’orario di lavoro, se non, in casi estremi, a rassegnare addirittura le dimissioni. Nel caso in cui il caregiver si impegni al massimo per mantenere il suo lavoro, la ricerca costante di un equilibrio tra stress personale e stress professionale diventa una fatica in più, spesso insostenibile. La produttività diminuisce, così come la motivazione. La serenità può venir meno e causare inefficienze e frustrazione. 

Le aziende possono fare qualcosa?

Quanto appena descritto, come si può ben immaginare, ha conseguenze negative sia sull’azienda, sia sulla persona. L’azienda rischia di trovarsi priva di una o più risorse, magari fondamentali per la propria attività; il dipendente invece rischia di trovarsi costretto a compiere delle rinunce anche fondamentali per la realizzazione di se stesso. Risulta quindi necessario trovare delle soluzioni che permettano a entrambe le parti in causa di vincere insieme.

Una maggior consapevolezza da parte delle aziende, la condivisione con i team leader o i project manager e un ascolto continuo, orientato a portare al massimo l’inclusività, sono solo alcune modalità che possono agevolare quell’equilibrio di cui ho parlato prima. Inserire inoltre un’assistenza ai caregiver nel proprio welfare aziendale dovrebbe essere una prassi sempre più diffusa.

E lo Stato che ruolo ha?

Per il nostro sistema legislativo, i caregiver sono categorizzati secondo due tipologie:

1. tutte quelle persone che svolgono una professione che prevede un’assistenza a terzi, come infermieri, oss, ecc.;

2. tutte quelle persone che non svolgono nello specifico un professione come quelle sopracitate, ma assistono assiduamente familiari in difficoltà.

Con la legge 205 del 2017 è stato formalmente delineato il profilo del caregiver, così come identificato nella seconda tipologia sopra descritta. Più nello specifico, il Ministero delle Politiche Sociali ha incluso in questa categoria le persone che si prendono cura del coniuge o del partner in caso di unione civile tra persone dello stesso sesso, del convivente, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, o anche di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, non sia autosufficiente e sia riconosciuto invalido, perché bisognoso di assistenza di lunga durata oppure sia titolare di indennità di accompagnamento.

Proprio per queste fattispecie è stato istituito un fondo, poi rifinanziato dalla manovra 2021, con nuove risorse fino al 2023. Allo stato attuale, però, non c’è ancora chiarezza completa su questo tema, ma credo sarà fondamentale far luce su un aspetto che riguarda tutti, dalle famiglie alle imprese.

Al prossimo articolo.

Stefania

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